Mia madre infermiera per un giorno

Ravanando nelle varie cartelle del mio vecchio pc ho trovato il mio primo racconto porno, scritto quasi 10 anni fa per postarlo su un sito di racconti erotici (Il Blog delle Mamme Troie era lontano dal nascere). Attualmente devo dire che la storia risulta ben poco originale, in questi anni ne ho lette alcune con lo stesso tema e situazione, quindi non aspettatevi molto, l’unica cosa che posso fare è di scriverne il capitolo successivo, aggiungendo quel pizzico di humour e bizzarre stranezze che distinguono le mie opere… Passiamo al racconto:

Ho sempre avuto un desiderio segreto: fare delle cose porche con mia madre, ma sapevo che sarebbero state solo delle storie immaginarie, deliri escogitati per godere con più gusto durante le tante masturbazioni pensando a lei, alle sue enormi tette, al suo culo fantastico e a quella bocca carnosa che faceva pensare a succulenti pompini.
A rafforzare questo desiderio ci pensava la relativa esigua differenza di età, mia madre era rimasta incinta di me a 16 anni, ci separavano 17 anni scarsi e quando ne feci 18 lei non ne aveva ancora compiuti 35. Fu proprio in quel periodo, subito dopo il mio compleanno, che successe l’incredibile.

I miei genitori mi avevano finalmente regalato il motorino, ormai i miei amici lo avevano tutti, qualcuno addirittura aveva già l’auto, mancavo solo io all’appello. Mia madre aveva sempre ceduto alle mie insistenze sull’averlo, ma mio padre proprio non ne voleva sapere. Rispetto alla mia cara mamma era un tipo all’antica, probabile che i suoi 53 anni suonati si facessero sentire in queste circostanze. Diceva che non ero pronto per i motori, dovevo aspettare a diventare più grande e passare direttamente alla macchina. E aveva ragione, dopo neanche una settimana ebbi un brutto incidente, ma il dolore e lo sconforto che ebbi all’inizio fu subito spazzato via da quello che successe subito dopo.

All’ospedale potevo benissimo essere scambiato per una mummia, testa fasciata, collo bloccato, tutte e due le braccia ingessate e con quelle anche l’intera gamba destra e dal ginocchio in giù per la sinistra. Praticamente ero assolutamente privo di libertà e completamente dipendente dagli altri, che erano costretti a imboccarmi e aiutarmi a fare i bisogni.

Dall’ospedale fui dimesso dopo neanche dieci giorni poi tornai a casa. La differenza era solo nelle fasciature e nel collare protettivo che adesso non portavo più. Rimaneva il gesso, che avrei dovuto portare per almeno una ventina di giorni e il disagio di non essere indipendente, i miei avevano fatto venire a casa, infatti, una brutta tipa che avrebbe dovuto aiutarmi in ciò che avevo più bisogno.

I giorni passavano e con quelli la mia voglia di masturbazione. Erano quindici giorni che non lo facevo ed ero abituato a farlo anche tre volte a giorno per scaricare la libidine procurata dai miei ormoni, ormai nel pieno della loro attività.

Ma una novità mi aspettava dietro l’angolo. Una mattina invece della brutta tipa, mi svegliò mia madre, ancora in vestaglia, dicendomi che l’infermiera che mi accudiva non sarebbe venuta perché malata, oggi ci avrebbe pensato lei a me. La notizia mi sconvolse dalla felicità e anche il cazzo la prese bene, quella mattina si era alzato più duro del solito e la vista della mammina con una vestaglietta semitrasparente non faceva altro che aiutarlo di più. Solitamente bastava la vista della tipaccia a farlo ritornare al suo posto, ma questa volta sarebbe stato diverso.

“Allora caro, comincio a farti la colazione e poi ti imbocco come facevo quando eri piccolino”.
“si mamma, sarà come fare un tuffo nel passato”.

Mia madre fu molto dolce nel darmi da mangiare, non si era cambiata e, tra un boccone e l’altro, le occhiate a quelle grosse poppe non facevano che aumentare, così come la misura del mio cazzo che ormai non ce la faceva più a stare rinchiuso.

“Tutto a posto caro? Hai bisogno di qualcosa prima che vada a farmi la doccia e vestirmi?”
In verità c’era qualcosa e anche di impellente: stavo crepando di pisciare. La situazione mi stuzzicava, ma nel contempo mi faceva provare vergogna. Comunque risposi: “beh, visto che mi hai dato la pappina, adesso dovresti cambiarmi il pannolino”.
“Hai sempre voglia di scherzare! comunque è vero dovrai pure fare i tuoi bisogni. Allora dov’è quell’affare…”
“Sotto il letto mamma, la tipa lo mette sempre sotto il letto”

Stava succedendo, mia madre stava per tirarmi fuori l’uccello per permettermi di pisciare, me lo avrebbe toccato, non vedevo l’ora.
“Bene, vediamo dove si nasconde il piccolo passerotto di mamma… ma! alla faccia del passerotto, caro, ti trovo in buono stato”.
Il mio cazzo si era finalmente liberato e si ergeva imponente davanti agli occhi luccicanti di mia madre, che non pensava di assistere a tanto ben di Dio. La mamma me lo stava toccando e cercava disperatamente di riuscire a metterlo in posizione per farmi urinare, ma l’erezione era troppo prepotente per riuscirci.
“Mi sa che tutti questi giorni in questo stato ti abbiano fatto accumulare troppe forze caro”.
“E’ vero mamma, non sono molto abituato all’astinenza”
“All’astinenza? Perché hai già una ragazza che ti fa le cosette?”
“No purtroppo, diciamo che faccio tutto da solo”
“Comunque sia cerca di non pensarci, altrimenti non riusciamo ad andare avanti”

Allora andai all’attacco:
“Fosse facile, devo proprio farla mamma e poi il tuo passerotto mi sta facendo davvero male in queste condizioni…”
“Va bene, userò una tecnica segreta per aiutarti, sono o non sono la tua mammina?”

Chiamala tecnica segreta?!? dopo aver detto quella frase ha cominciato prima a scappellarmi il cazzo per vedere meglio la grossa cappella, diventata ormai paonazza, poi comincio a spararmi una fantastica sega. Non aveva un ritmo costante come avrei immaginato, si dava da fare per farmi godere. Andava prima lentamente, poi accellerava vorticosamente per poi rallentare di nuovo. Sentivo che sarei esploso di lì a pochi secondi.
“Come va caro, stai ottenendo un po’ di sollievo? la tua faccia mi da già la risposta… quando stai per venire avvisami, userò il pappagallo per raccogliere lo sperma, altrimenti sporchiamo le lenzuola risciando di far rimanere le macchie”.
E la venuta arrivò, lunga e copiosa, i sedici giorni di astinenza si erano fatti sentire. Mia madre riuscì a far entrare tutto lo sperma in quell’affare, strizzando per bene le ultime gocce dal mio cazzo che, lentamente, stava perdendo consistenza. La cosa che mi stupì fu il fatto che non mi fece pisciare subito, mi disse che andava in bagno a svuotare il pappagallo e a lavarlo. All’inizio non capì il perché, ma fu una questione di pochi secondi. Potevo benissimo vedere quello che faceva la mammina nel bagno della mia camera, nella posizione in cui ero e con la porta semiaperta lo spettacolo che vidi fece ritornare sull’attenti il mio uccellone.
La mamma aveva aperto l’acqua del rubinetto per far finta di lavare il pappagallo, in realtà si stava sditalinando con una frenesia incredibile, probabilmente l’aver fatto una sega al proprio figlio l’aveva eccitata a dismisura. Poi capii a che cosa era servito raccogliere lo sperma: durante la sua masturbazione, ogni tanto faceva scendere un po’ di sborra dal contenitore per bagnarsi la mano e ottenere una migliore lubrificazione del ditalino. Quando finì, si portò alla bocca il liquido rimasto bevendolo golosamente, non contenta infilò le dita per raccogliere gli ultimi residui e si succhiò le dita come se stesse mangiando la più deliziosa delle creme.
Quando tornò in camera trovò ad aspettarla un cazzo più duro di prima.

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